Una nostra lettrice, traducendo dall’inglese un testo sulla grande quantità di plastica che finisce nei mari, si trova davanti al problema di come tradurre l’espressione plastic footprint.
La nostra lettrice suggerisce che plastic footprint si potrebbe tradurre con l’italiano impronta plastica, ma ne trova poche attestazioni mediante una ricerca con Google. Noi in una ricerca fatta il 9 novembre 2019 ne troviamo infatti solo 670. Questo non deve stupire, perché traducendo letteralmente plastic footprint in italiano si dovrà scegliere piuttosto impronta di plastica, che Google trova 32.800 volte. L’inglese plastic è sia aggettivo (‘plastico, di plastica’) che nome (‘plastica, materiale plastico’), e nella locuzione in esame non fa grande differenza se si debba intenderlo come l’uno o come l’altro, poiché comunque nella morfosintassi di quella lingua un nome giustapposto a un altro nome funge da suo modificatore come se fosse un aggettivo: ad esempio, an iron tank è un serbatoio di ferro (o in ferro), e a wood table è un tavolo di legno (o in legno), sinonimo di a wooden table, con l’aggettivo wooden ‘ligneo, di legno’. In italiano invece occorre scegliere se usare l’aggettivo o il nome, che sono diversi e si compongono diversamente con un altro nome, perché solo il secondo richiede la preposizione: impronta plastica o impronta di plastica, appunto.
Poiché dunque anche in italiano esiste l’aggettivo plastico, si potrebbe tradurre l’espressione inglese nel modo suggerito dalla lettrice; ma a questa scelta si oppone il fatto che nella nostra lingua il senso primario dell’aggettivo rimane quello (da cui anche il nome stesso della plastica) di ‘connesso al modellare’, e quindi anche ‘che si può modellare, plasmare’. Più raro il senso derivato di ‘fatto di plastica’, che si limita per lo più a una delle possibili interpretazioni di espressioni fisse come materiale plastico, materie plastiche, dove l’aggettivo resta per così dire in bilico fra i due significati: ‘modellabile’ e ‘di plastica’. Insomma, l’interpretazione quasi inevitabile di impronta plastica è ‘impronta modellabile, sulla cui forma si può intervenire’, oppure ‘ottenuta per modellazione’, che infatti si trova in uso per descrivere opere d’arte scultorea; quindi qualcosa di completamente diverso da impronta di plastica.
Questo non impedisce la diffusione (per adesso minima) di impronta plastica anche nel senso ecologico, per l’appunto soprattutto entro la comunicazione di agenzie e aziende che si presentano come impegnate a tutela dell’ambiente: si trova in siti come quelli di Greenpeace, A Good Company, Green Planet News, Veg Sicilia, Lidl, Unilever; per lo più ancora fra virgolette, che testimoniano dell’incertezza sulla adoperabilità del termine. Partendo da queste fonti, non è escluso che si diffonda maggiormente in futuro.
A parte questi avamposti di un possibile affermarsi del neologismo impronta plastica, come detto in apertura l’espressione italiana che si candida direttamente a ricalcare plastic footprint è il più corretto e assai più frequente impronta di plastica, anche se per adesso non trova spazio nei dizionari e (da una ricognizione su versioni online di “Repubblica”, “Corriere della sera” e “Sole 24 Ore”) non sembra accolto dalla prosa giornalistica. Meglio affermate sono le espressioni più generali impronta ecologica e impronta ambientale, presenti anche nella banca dati IATE (Interactive Terminology for Europe, è il database terminologico europeo, attivo dal 2004) come traducenti rispettivamente di ecological footprint ed environmental footprint, sui quali verosimilmente è formato per analogia anche plastic footprint.
L’espressione si riferisce in modo trasparente (attraverso la metafora dell’impronta) alla traccia che un’industria, un paese, un settore manufatturiero, una singola persona lascia nell’ambiente, con specifico riferimento alla plastica che adopera e riconsegna all’ambiente stesso.
L’italiano in questo ambito semantico dispone già di due espressioni affermate: impatto ecologico e soprattutto il frequentissimo impatto ambientale, corrispondenti a ecological impact ed environmental impact (anche in inglese il più frequente è il secondo), e in buona sostanza equivalenti di quelle che invece di impatto impiegano impronta. Ci si può dunque domandare a che cosa possano servire le espressioni con impronta, dato che esistono già quelle con impatto, il cui senso non sembra molto diverso. Una almeno parziale risposta è che pur significando entrambe un effetto sull’ambiente (da parte di comportamenti umani o calamità naturali), impatto designa un evento e i suoi risultati, e quindi evoca fenomeni generali e impersonali, mentre impronta designa una precisa e circoscritta realtà materiale prodotta da un singolo individuo, e quindi evoca la concreta responsabilità di quell’individuo (di ciascuno di noi) riguardo al danno materiale arrecato all’ambiente. Questo la rende più adatta a mobilitare le coscienze, e probabilmente sta qui la causa della sua recente diffusione.
Del resto è proprio questa concretezza a rendere semanticamente accettabile impronta di plastica, perché fa immaginare una concreta traccia lasciata da qualcuno e fatta di plastica, mentre un impatto può essere dovuto alla plastica o connesso alla plastica, ma non veramente di plastica.
Articolo originariamente pubblicato dall’Accademia della Crusca